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In principio era amore
Parlare di amore, e di amore in psicologia, dopo secoli che l’umanità perde la testa riflettendoci su, è ormai paragonabile ad aprire una matrioska. Un significato generale ne racchiude uno più particolare, magari relativo ad una disciplina diversa.
Il primo piano individuabile, partendo dall’esterno, appartiene ad un retaggio esistente da tempi immemori in varie culture: Antica Grecia, tradizioni orientali, fino alla New Age. Io l’ho approfondito soprattutto informandomi sull’idea di panteismo (tutto è Dio), ripreso ai nostri tempi dal naturalismo spirituale/religioso. L’amore come forza creatrice dell’universo, che spinge le sue proprietà complesse ad emergere da più semplici interazioni fra materia. Che distrugge attraverso l’entropia, la tendenza verso il caos, per poi ricreare tramite la sintropia, l’ordine, fra cui la vita stessa.
Scendendo al livello inferiore, troviamo un concetto simile in pedagogia, già parlando di relazioni interpersonali. La traduzione latina di “amore”, “volere che tu sia”, viene impiegata per indicare un legame di accettazione verso l’altro, insieme ad una forma di attaccamento non possessivo. A dominare è il desiderio di piena realizzazione altrui, soprattutto in un rapporto educativo, in cui si lavora affinché le capacità dell’educando possano fiorire. Sempre un cambiamento volto a creare qualcosa, dunque, ma sta volta siamo noi a compierlo, e possiamo decidere in che modo intervenire sulla realtà. Che poi è la magia di essere umani, per dirla alla Giordano Bruno.
Lo sviluppo della psicologia come scienza negli ultimi 150 anni, che si andava affrancando esponenzialmente dalla filosofia, è stato un atto d’amore, in tal senso. Grazie sia al suo proposito originario di lenire la sofferenza umana e la malattia mentale, sia a quello recente incentrato sul favorire il benessere.
L’arte di amare
Ed è proprio la psicologia il campo di studi maggiormente interessato a tale concetto. Specialmente a partire dal filone umanistico, il quale nasce negli anni 50 per approfondire le tematiche di autorealizzazione e dignità della persona. Emblematica è l’opera di Erich Fromm L’arte di amare, le cui pagine, colme di conoscenza fondamentale in merito, sono state lette dal sottoscritto avidamente.
Il saggio esordisce, come si può intuire dal titolo, affiancando ad “amare” la nozione di arte. Cosa sia quest’ultima è un interrogativo non da poco, ma per semplicità adotterò la spiegazione comune e generica che la vede esprimere qualità tipicamente “umane”. Fromm intende scrivere proprio di un’abilità artistica, la quale, alla stesso modo per quanto riguarda la pittura e la poesia, richiede costanza e dedizione.
Secondo lui, la risposta a numerosi problemi dell’esistenza umana si trova proprio diventando maestri nell’arte di amare. Ciò consentirebbe di superare l’isolamento, bisogno intrinseco alla condizione di esseri sociali, senza perdere la solitudine, intesa nell’accezione di saper stare nella propria individualità.
“Amare” è un verbo transitivo, e infatti l’autore elenca vari oggetti d’amore, a cui corrispondono diverse modalità, seguendo categorizzazioni efficaci, ma oggi in parte desuete. Condivido quando parla di una componente incondizionata, priva di influenzamenti che esulino dal rapporto stesso inficiandolo, e di una opposta, condizionata; presenti in ogni persona. Tuttavia, non penso debbano essere ancora ascritte rispettivamente ai ruoli definiti di madre e padre; spiegazione forse coerente nel 1956, quando il libro è stato scritto, ma ora no.
“Voler bene”, invece, rappresenta prevalentemente un dato di fatto: nutrire sentimenti di augurio verso un’altra persona. Non implica la disciplina e la pazienza dell’artista, per questo oggi domina, anche secondo lo psicologo. Costituisce una scelta vantaggiosa in una cultura individualista e materialista, dove le relazioni vengono mercificate, ridotte al livello delle amicizie basate sull’utile, come descriveva Aristotele. Lo stesso filosofo antico contrario all’edonismo, che invece ai nostri tempi imperversa.
Emozione e virtù: psicologia positiva
Con l’intento di far fronte a queste tendenze nefaste presenti nella nostra società, alla fine degli anni 90 dal filone umanista si sviluppa la psicologia positiva. Il suo proposito risiede nell’aiutare la fioritura del benessere umano nelle sue sfaccettature: felicità, gratitudine, compassione, sono alcune su cui si è concentrata la mia ricerca.
In particolare, rifacendosi alle opere di Martin Seligman, si potrebbe guardare l’amore in psicologia da una prospettiva ancora diversa, che è sottesa dalla precedente. il VIA Institute on Character, organizzazione che si occupa di sviluppo su temi simili, lo definisce “punto di forza del carattere”. Alla base della dicitura, gli studi interculturali dello psicologo, fondati sulla ricerca di virtù ritenute universalmente buone. Non si riduce il problema ad una questione di emozioni: amare una persona vuol dire dare valore alla relazione, e contribuire al suo mantenimento genuinamente. Dare a lei e porsi nella condizione di voler accettare altrettanto.
Neanche sta volta finirò di ribadire l’importanza della pratica meditativa mindfulness, la quale ci porta a vivere pienamente il momento di scambio con l’altro. Nemmeno gli studiosi: Fromm stesso, prima ancora che la psicologia positiva ne facesse un mantra, conclude il libro citato prima parlando delle sue potenzialità relazionali.
l’amor che move il sole e l’altre stelle
In qualsiasi modo lo si intenda di quelli elencati, l’amore mantiene nel suo significato un’energia totalizzante, dalla portata enorme. La supernova che esplode nello spazio, da cui si formeranno chissà quanti sistemi solari, è solo una dimostrazione minima. Allo stesso modo quando essa, diventando umana, diventa forza etica. Se l’umanità c’è ancora dopo mille peripezie è grazie proprio a l’amor che move il sole e l’altre stelle. Verso conclusivo della Divina Commedia, che indica quanto tutto, compreso la nostra vita e il nostro destino, ne sia plasmato. Ma noi non siamo oggetti passivi in tutto questo, possiamo scegliere in che modo farne parte, in che modo amare.
A ricordarcelo è Manuel Caviglia, EQ Social Impact Manager di Six Seconds Italia, una delle più grandi organizzazioni specializzate in intelligenza emotiva. L’ho conosciuto durante un’intervista dallo studio di Mercuzio and Friends, il web magazine con cui è stata realizzata l’ultima puntata del podcast. Fra molti discorsi perfettamente in tema, mi ha parlato del suo contenuto Self – Science Experience: “perseguire virtù e conoscenza”, disponibile su YouTube. Grazie proprio alla metafora del viaggio dantesco nell’aldilà, egli ci guida nei meandri della nostra psiche per diventare consapevoli delle nostre emozioni. Solo così potremo arrivare a regolarle e usarle in maniera empatica e pro-sociale con le altre persone.
Un discorso valido, a maggior ragione, nel compiere quel salto verso un amore completo nelle sue varie accezioni, di cui c’è così disperatamente bisogno. Chissà quanti problemi del nostro mondo, oltre che di ogni singolo individuo, possano essere riconducibili alla sua mancanza. Ma io voglio essere fiducioso: Amare, con la “a” maiuscola, è un atto forte nella sua capacità di spingere verso un futuro collettivo migliore. Guiderà tutti noi a riveder le stelle.
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